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TARANTO ROMANA

Gli equilibri dell’impero romano e il ruolo di Taranto

TARANTO NELL’ETÀ ROMANA

Il porto riacquista importanza sotto la dominazione romana.

In questo periodo viene creato il fosso dove oggi è il canale navigabile. Fonti letterarie e reperti archeologici consentono di collocare il bacino portuale lungo la spiaggia del Mar Piccolo che va dal fossato sino alla rientranza di S. Lucia (oggi utilizzato dall’Arsenale).

Ma c’era anche un molo sul mar Grande che era servito dall’acquedotto del Triglio, che portava acqua dolce dalle sorgenti a nord della città per il rifornimento delle navi.

Nel 125 a.C. Taras diventa colonia romana, col nome di colonia Neptunia, e la città romana prende il nome latino di Tarentum.

l’ acquedotto del Triglio, II sec. a.C-XVI sec. dC.,(foto Sergio Malfatti)

L'acquedotto del Triglio

È un'opera di ingegneria che ha portato l’acqua a Taranto dai tempi dei romani fino all'Ottocento. L'acquedotto è composto da una serie di gallerie artificiali sotterranee e da una parte in superficie di epoca successiva a quella romana, sostenuta da archi che attraversano i comuni di Crispiano, Statte e Taranto.

L’acquedotto, costruito intorno al I sec. a.C., dopo la fondazione della colonia Neptunia sulle rovine di Taranto, forniva  acqua alle ville della periferia di Taranto e non al suo abitato. Il sistema idrico raggiungeva un molo sul mar Grande per il rifornimento delle navi.

Dopo la caduta dell’Impero romano, nel 545, l’acqua ad uso pubblico fu portata anche in città per volere di Totila, re degli Ostrogoti,

Restauri e ampliamenti nel periodo bizantino, poi nel ‘300 con fondi di Caterina di Valois, poi con gli Aragona (1469, fontana della Gran Piazza), e nel  1543 (le arcuazioni volute da Carlo V insieme alla fontana monumentale)

Note di approfondimento

Il sistema idrico raccoglieva l’acqua da numerose sorgenti delle murge tarantine. Una fitta rete di gallerie sotterranee di circa 18 km, riversava l’acqua sorgiva in una grande cisterna rocciosa posta a 9-10 m di profondità; da questa, che fungeva da collettore, partiva la condotta principale.

Polibio ci colloca Taranto nel quadrante meridionale

Un testimone del II secolo aC racconta

Lo storico greco Polibio, vissuto nel II secolo a.C., nel libro X delle Storie scrive dell’importanza del porto di Taranto.

«Tutta la costa italica dallo stretto e dalla città di Reggio fino a Taranto per la lunghezza di 2000 stadi e più, è completamente priva di porti, fatta eccezione del porto di Taranto che è rivolto verso il mare di Sicilia e guarda verso le regioni della Grecia.“

Polibio vede Taranto e le popolazioni che la circondano

Quel tratto di terra è fittamente abitato da popolazioni barbariche e annovera le più illustri città greche: in essa si trovano i Bruzi, i Lucani, parte dei Dauni, i Calabri e molti altri popoli. Occupano pure tale spiaggia le città greche di Reggio, Locri, Caulonia, Crotone, Metaponto e Turi. Così chi dalla Sicilia e dalla Grecia va in uno dei luoghi suddetti approda necessariamente nel porto di Taranto e in questa città avvengono tutti gli scambi e i commerci con gli abitanti di tale regione d’Italia

Il frontespizio delle Storie di Polibio, cap. X, nella stampa del 1751, racconta il porto di Taranto nel II sec. a.C. (da Google Libri)

Il geografo del I sec. d.C. ci dà un quadro accurato del porto

Il porto romano raccontato da Strabone

Tra le testimonianze letterarie antiche sul porto di Taranto c’è Strabone, che scrive agli inizi del I secolo la Geografia, e fa una descrizione particolareggiata della zona portuale di Taranto. In quegli anni, da qui partivano i preziosi tessuti color porpora tanto richiesti dagli aristocratici romani.

«Mentre la maggior parte del golfo di Taranto è importuosa, a Taranto c’è un porto molto bello e ampio del perimetro di 100 stadi, chiuso da un grande ponte. Tra il fondo del porto e il mare aperto si forma un istmo, sicché la città sorge su una penisola e poiché il collo dell’istmo è poco elevato, le navi possono essere facilmente trainate da una parte all’altra».

Figura di danzatrice in terracotta policroma del 225-175 a.C., ritrovata a Taranto, via G. Giovine ang. via Marche, 1951. (foto MArTa)

Ricostruzione 3D della liburna romana al porto di Civitavecchia realizzata da Matteo Collina (dal sito Civitavecchia.Portmobility.it)

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