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GRANDI MONARCHIE

L’Italia frammentata e gli interessi delle monarchie straniere

L’EUROPA DELLE GRANDI MONARCHIE E L’ITALIA DEI PRINCIPATI

Veduta di inizio settecento

Il rilancio commerciale con re Ferdinando d’Aragona

Dopo la morte del principe del Balzo Orsini, Taranto sembra avviata verso una stagione di ripresa economica, che si esprime con il riattivarsi dell’industria locale agricola, peschereccia e marinara.

La presenza di mercanti forestieri (veneziani soprattutto) dà nuovo slancio agli scambi commerciali.

Una nuova Fiera per decreto di re Ferdinando d’Aragona

Nel 1463, quando Ferdinando d’Aragona incorpora il principato al demanio del regno, i tarantini, ricordando le miserie e gli eccessi a cui erano stati sottoposti sotto il principe del Balzo Orsini, chiedono delle concessioni per risollevare l’economia della città.

Re Ferdinando per prima cosa stabilisce una nuova fiera, in aggiunta alle due

tenute “annualmente, esente da ogni dazio, nella piazza presso la dogana, intitolata a sant’Antonio abate, nel mese di gennaio dalla festa del santo per i diciassette giorni successivi”. (da PORSIA F. e SCIONTI M., Le città nella storia d’Italia – Taranto, Laterza, Roma-Bari, 1989)

Il privilegio di non dover armare ‘galere’

Con re Ferdinando si rinnova alla città un privilegio già concesso da re Ladislao nel 1407, secondo il quale i tarantini erano esonerati dall’obbligo, comune per le città marinare, di armare galere per la flotta regia.

Inoltre si regolamentava la vendita del pescato, soggetta già all’epoca del principato ad una particolare normativa.

I mercanti ‘forestieri’ nel Quattrocento

Il Conto del Tesoriere di Taranto ci dà un elenco nominativo dei mercanti esteri che “infondacano” ( depositano nei magazzini ) le loro merci nel porto di Taranto: si tratta di 9 mercanti veneziani, 1 veronese, 1 milanese, 1 bergamasco,

2 ragusei (di Ragusa, attuale Dubrovnik, in Croazia). Tra le merci presenti risultano: ferro, legno, panni di lino, velluto, seta, pelli bulgare, cacio, pepe.

La riattivazione del fosso tra Mar Grande e Mar Piccolo

Nuove opere idrauliche e difensive

Dopo la guerra d’Otranto (1480-81), nell’autunno 1481 si realizza un primo canale navigabile, più stretto dell’attuale e con sponde irregolari, per consentire il passaggio di piccole imbarcazioni e difender meglio il castello, che non è ancora quello che vediamo oggi.

Ancora si vedeva il fosso realizzato in età romana che, ostruito da detriti, non era più utilizzabile da navi di grossa stazza.

I miglioramenti del bacino portuale permisero ai tarantini di partecipare all’armamento della flotta regia voluta da re Ferrante. I lavori delle fortificazioni però subirono un arresto:  per sopperire alla mancanza di fondi si propose una tassa sulla pesca .

Disegno di metà cinquecento conservato nella biblioteca angelica: nel dettaglio, la zona con la dogana e quella dove si armavano le navi

La costruzione di una flottiglia mercantile

I cantieri navali aragonesi

Nel 1489, i tarantini ottennero particolari agevolazioni sul pagamento delle gabelle sul ferro, la pece e il legname, la cosiddetta terzarìa, che obbligava a pagare un terzo del valore della materia prima alla dogana reale. Così nei cantieri tarantini poterono costruirsi “tre bellissime navi de circa trecento butte” ciascuna.

Butte sta per botti, l’unità con cui nel Quattrocento  si misurava la capienza di una nave.

Trecento botti corrispondevano all’incirca a 84 tonnellate di carico.

A quel tempo c’erano anche galere capaci di portare 250 tonnellate, ma si preferivano navi mercantili  meno capienti che viaggiavano in flottiglia (muda).  Le tre “bellissime navi” di cui dicevamo probabilmente formavano una “muda”.

I Vicerè si muovono per limitare la pirateria

Il periodo spagnolo (1503-1707)

Nei primi decenni del Cinquecento i Viceré spagnoli non investono sui porti di Puglia. Ma verso la fine degli anni ‘50 il loro obiettivo diventa fortificare e chiudere i porti contro i continui assalti pirateschi; intanto le strutture portuali sono trascurate e si vanno interrando e perdono il predominio di cui avevano goduto nel Medioevo.

A Taranto operavano mercanti fiorentini che, servendosi spesso di navi ragusee, esportavano a Genova e Viareggio il grano, usato spesso per produrre il “biscotto” necessario alla flotta o inviato a Napoli o in Spagna per l’approvvigionamento annonario. A questo commercio si aggiungeva poi l’esportazione dell’olio e del cotone filato.

Una rappresentanza per importare olio

Gli Inglesi a Taranto

Nel corso del Seicento, ai veneziani si sostituiscono gli inglesi, venuti per importare olio in Inghilterra. A testimonianza di questi traffici c’è la presenza di un console inglese a Taranto per supportare le attività commerciali

e c’era anche un viceconsole di Ragusa (attuale Dubrovnik) città che evidentemente armava navi ed effettuava trasporti anche per terzi.

Un rilancio del porto commerciale

Dagli Austriaci ai Borboni

Nel periodo austriaco degli Asburgo ad inizio Settecento, non si vide nessuna attenzione per l’uso commerciale dei porti.  Il disinteresse per i porti pugliesi si può attribuire anche al fatto che potevano essere potenziali concorrenti di Trieste,

che proprio in quegli anni assumeva il ruolo di sbocco marittimo dell’Austria nel Mediterraneo. Tuttavia in qualche modo si mantenevano i traffici commerciali con i paesi del Nord Europa.

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