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DAI NORMANNI

il territorio meridionale diventa il cuore del Mediterraneo medioevale

DAI NORMANNI AL RINASCIMENTO

Dettaglio di gusci di murici utilizzati per l’estrazione della porpora. . III-II sec. a.C., provenienti dall’ ex convento di S. Antonio, 2012 (fonte MArTa)

La riorganizzazione normanna

Roberto il Guiscardo

Con la conquista del normanno Roberto il Guiscardo nel 1080, per Taranto inizia un periodo di relativa tranquillità. Da questo momento il sistema portuale meridionale viene regolamentato.

I mercanti e i capitani delle navi pagano numerosi diritti statali e feudali per le importazioni e le esportazioni.

Si paga per l’approdo, sia esso solo l’ancoraggio o il falangaggio (cioè la possibilità di piantare pali ai quali ormeggiare o di avvalersi di quelli esistenti). Si pagava per il lanternaggio, tassa per i porti dotati di un faro, ed anche per la pesca. A vigilare c’era il Mastro Portolano per la Terra d’Otranto, che vigilava sugli ufficiali di dogana della provincia, sui traffici e sui dati esatti dai suoi ufficiali, i portulanoti.

Dettaglio di gusci di murici utilizzati per l’estrazione della porpora. . III-II sec. a.C., provenienti dall’ ex convento di S. Antonio, 2012 (fonte MArTa)

Una descrizione del porto in epoca medievale

Il Libro del re Ruggero

Nel suo “Libro del re Ruggero”, il geografo e viaggiatore maghrebino Al-Idrisi (1099-1164) descrive Taranto come una «città grande, di antica costruzione e di origine remotissima, con belli edifici e palazzi sontuosi. È frequentata da mercanti e viaggiatori. Là si caricano le navi e là arrivano le carovane, essendo fornita a dovizia di mercanzie e ricchezze.

La città ha da ponente un porto nel mare vivo e da levante per tramontana ha un mare piccolo che misura in circuito, girando dal ponte alla parte della città, dodici miglia. Questo ponte è tra il mare vivo ed il mare piccolo; è lungo dalla porta di Taranto che guarda tramontana alla terraferma, trecento cubiti, ed è largo quindici».

Cibo e marinai nel 1284

Il porto in epoca angioina

Possiamo immaginare l’attività del porto di Taranto nel periodo angioino da quello che oggi definiremmo l’indotto.

Sappiamo che nel 1284 si produssero  ben millecinquecento cannate (=15.000 kg) di biscotto della flotta, cioè l’alimento principale dei marinai a bordo delle navi. Questa sorta di galletta poteva durare per mesi o addirittura per anni

senza alterarsi, grazie ad una particolare miscela di farine non raffinate la cui composizione è andata ad oggi perduta. Se quei 15 quintali di biscotto  approvvigionarono le ciurme in transito dal porto di Taranto in quel 1284, si può immaginare un’ampia attività intorno al movimento delle navi, come la preparazione e il commercio di pesce salato.

Gli anni del principato

Giovanni Antonio del Balzo Orsini

Da un inventario del Principe Giovanni Antonio del Balzo Orsini del 1435 circa,  capiamo che al tempo c’erano  peschiere in tutto il Mar Piccolo e anche in Mar Grande. Le gabelle erano rigidamente regolamentate, si pagava una tassa a seconda dei tipi di pesci pescati, delle tecniche di pesca e dei periodi stagionali o giornalieri di pesca.

Poche peschiere erano esenti da gabelle, ed era stabilito da tempo immemorabile

che i pescatori del Mar Piccolo potevano pescare solo dal tramonto del sole fino alla prima notte.

La dogana era nell’attuale piazza Fontana, poi il principe la trasferì altrove per ampliare lo spazio di lavoro nella piazza, che in breve così riuscì a ospitare anche tre galere in manutenzione.

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