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il porto letterario
Taranto e il suo porto nella narrazione e nella poesia

UN MARE DI PAROLE

Questi luoghi sono stati descritti da uomini e donne che si sono avvicendati nel tempo. Poeti, scrittori, geografi, narratori. Con le loro parole possiamo fare un viaggio di scoperta che ci porta indietro nel tempo e nello spazio.

La letteratura antica

Leonida di Taranto (320 – 260 a.C. circa) e la nostalgia

Il poeta Leonida visse a Taranto fino a quando la città fu conquistata dai romani (272-270 a.C.).
Quando la città stava per cedere, Leonida fu tra i pochi abitanti a poter fuggire: un fatto che inizialmente egli interpretò come una benedizione, avendo evitato la schiavitù, ma che presto si rivelò un’amara illusione, giacché da allora e fino alla morte, visse lontano dalla patria, alla ricerca di protettori, vivendo «una vita che vita non è» come scrisse in un celebre epigramma.

«Lontano da Taranto, mia terra, giaccio e questo mi sembra più amaro della morte».

Publio Virgilio Marone (70 a.C.-19 a.C.) e l’appagamento della terra

“Ricordo infatti di aver conosciuto presso le torri di Tarentum, là dove l’ombroso Galeso bagna i campi biondeggianti, un vecchio di Corico che possedeva soltanto pochi iugeri di terra […] Egli, però, piantando tra i rovi qua e là un po’ di erbe e bianchi gigli e verbene e papaveri mangerecci, in cuor suo si sentiva ricco come un re.”

Virgilio, Georgiche, IV, 125

Quinto Orazio Flacco (65 a.C.-8 a.C.) e le Odi

«Alle dolci correnti del Galeso, dove scendono greggi dalle lane pregiate, tra i campi ove fondò il suo regno Falanto di Laconia. Quell’angolo di terra è quello più d’ogni altro a me ridente, che produce miele buono […] ivi offre il cielo lunga primavera e tiepido inverno».

Orazio, Odi, II, 6

Fiume Galeso che sfocia in Mar Piccolo

Gaio Petronio Arbitro(27-66 dC) osserva la società tarantina

Lo scrittore e politico romano Petronio, nel suo capolavoro Satyricon, scritto intorno all’anno 54, ha tra i personaggi principali il tarantino Lica.
Lica è un imprenditore marittimo che commercia lungo le coste italiche, «brav'uomo, che oltre a esser padrone di questa nave e d'alcuni poderi, ha un'azienda commerciale e porta un carico da vendere».
Da questo racconto di desume il ruolo del porto tarantino negli anni dell’imperatore Nerone.

Petronio (Gaius Petronius Arbiter) in una stampa del Settecento (fonte Wikimedia Commons)

Taranto nel Medioevo

Il geografo Al-Idrisi (XII secolo), nel suo Libro del re Ruggero, descrive così Taranto

«Taranto è città grande, di antica costruzione e di origine remotissima, con belli edifici e palazzi sontuosi. È frequentata da mercanti e viaggiatori. Là si caricano le navi e là arrivano le carovane, essendo fornita a dovizia di mercanzie e ricchezze. La città ha da ponente un porto nel mare vivo e da levante per tramontana ha un mare piccolo che misura in circuito, girando dal ponte alla parte della città, dodici miglia. Questo ponte è tra il mare vivo ed il mare piccolo; è lungo dalla porta di Taranto che guarda tramontana alla terraferma, trecento cubiti, ed è largo quindici. […] La città è circondata dal mare vivo e dal mare piccolo da ogni lato, ad eccezione di quello che guarda tramontana»

Mappa dell’Italia Meridionale di Al-Idrisi, 1154 Al-Idrisi disegna l’Italia meridionale con il sud in alto e il nord in basso, perciò la vediamo raffigurata capovolta (fonte www.andriarte.it)

Taranto, tappa del Grand Tour nel Settecento

Testimonianze dal Rinascimento all’età moderna

Il viaggiatore Johann Hermann von RiedeseI (1740-1785)

Lo scrittore e politico romano Petronio, nel suo capolavoro Satyricon, scritto intorno all’anno 54, ha tra i personaggi principali il tarantino Lica.
Lica è un imprenditore marittimo che commercia lungo le coste italiche, «brav'uomo, che oltre a esser padrone di questa nave e d'alcuni poderi, ha un'azienda commerciale e porta un carico da vendere».
Da questo racconto di desume il ruolo del porto tarantino negli anni dell’imperatore Nerone.

Nel 1766 il barone tedesco Johann Hermann von RiedeseI (1740-1785) passando per Taranto visita i monumenti antichi in compagnia di Cataldo Antonio Atenisio Carducci (1733-1775), cultore delle cose antiche:

“Egli mi fece vedere fuori della citta, in un campo di biade, un buco rotondo voltato per alto, ove si aprono due condotti, l’uno per portar l’acqua e l’altro per farla scorrere; egli crede che questo buco era destinato alla preparazione del colore porporino, di cui vedevasi ancora l’impronta nelle mura: di più egli ha osservato che vicinissimo a lì , dal lato del Mare Piccolo ch’era propriamente l’antico porto, trovasi una collina interamente formata di murici, conchiglia da cui si sa che gli antichi traevano la porpora.”

Ritratto di Johann Hermann von Riedesel del 1779-1782 (fonte Wikimedia Commons, Universitätsbibliothek Heidelberg)

Taranto con gli occhi dei contemporanei

I versi di Gabriele D’Annunzio (1863-1938)

Nel gennaio del 1912, il «Corriere della sera» pubblica la Canzone dei Dardanelli di Gabriele D’Annunzio, che inizia citando Taranto.

«Taranto, sol per ancore ed ormeggi

assicurar nel ben difeso specchio

di tanta fresca porpora rosseggi?

A che fra San Cataldo e il tuo vecchio

muro, che sa Bisanzio ed Aragona

che sa Svevia ed Angiò, tendi l’orecchio ?

Non balena sul mar grande, nè tuona,

ma sul ferrato cardine il tuo ponte

gira ed il ferro del tuo canal rintrona.

Passan così le belle navi pronte

per entrar nella darsena sicura,

volta la poppa al ionico orizzonte

Aldo Palazzeschi (1885-1974) e la mano dei secoli

“Taranto Vecchia è una di quelle creazioni che superano umanamente la creazione artistica e che soltanto quell’artista che si chiama ‘tempo’ può realizzare”

(questo il pensiero che ci lascia Palazzeschi)

 

Le emozioni di Guido Piovene (1907-1974)

I viaggiatori sono spesso estasiati dalle bellezze del luogo. Guido Piovene nel 1967 scrive:

«Taranto vive tra i riflessi, in un’atmosfera translucida adatta a straordinari eventi di luce. Ho assistito ad un tramonto splendido, col sole divenuto rosso che calava veloce, simile ad un’isola di fuoco che sprofondasse nelle acque».

Pier Paolo Pasolini (1922-1975)

«Taranto è una città perfetta. Viverci è come vivere nell’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta. Qui Taranto nuova, là, gremita, Taranto vecchia, intorno i due mari, e i lungomari.»

Così, nel luglio del 1959, la descrive Pier Paolo Pasolini durante un viaggio che fa lungo la litoranea da Ventimiglia a Trieste per raccontare l’estate degli italiani.

Alda Merini

«Non vedrò mai Taranto bella/ non vedrò mai le betulle/ né la foresta marina;/ l’onda è pietrificata/ e le piovre mi pulsano negli occhi./ Sei venuto tu, amore mio,/ in una insenatura di fiume,/ hai fermato il mio corso/ e non vedrò mai Taranto azzurra,/ e il Mare Ionio suonerà le mie esequie».

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